“Lettera di una psicologa” – Articolo scritto per il giornale di Monza rubrica Salute Novembre 2016
Qualche tempo fa mi sono imbattuta in un articolo di un collega psicologa. Sono rimasta colpita e incuriosita dalla trasparenza e onestà verso sé stesso e gli altri, senza paura di rivelarsi e scoprirsi, come una persona qualunque, con le proprie paure e fragilità.
Ho iniziato a riflettere sul mio essere psicologa, sulle mie caratteristiche naturali, che spesso hanno gli psicologi e in cui mi rivedevo: i tratti depressivi, che danno sensibilità ed empatia, la speranza di poter aiutare le persone, legata ai miei tratti narcisistici e di come la necessità di classificare e diagnosticare toccasse i miei lati ossessivi.
Mi sono chiesta il motivo per cui ho scelto questa professione e ho scoperto che uno dei motivi, è che credo nella capacità di tutte le persone, di svincolarsi e vivere la propria vita liberamente e pienamente, di potersi riscattare verso sè stessi. Essere psicologo non significa dare consigli, dare una soluzione o delle indicazioni di risoluzione di un problema.
Essere psicologo significa sostenere, guidare,accompagnare le persone nel loro viaggio di scoperta di sé, da cui deriverà benessere, risoluzione di sintomi, sofferenza e problemi. Per essere psicologi è fondamentale avere una
discreta conoscenza di sé stessi, delle proprie capacità, delle proprie fragilità ed essere consapevole dei propri limiti.
Chi si rivolge a uno psicologo è meno “matto” di chi persiste nel suo dolore, di chi rinvia sempre, pensando che passerà e di chi temporeggia senza trovare mai soluzioni.
Chi si rivolge a me e ai miei colleghi è più consapevole e forte di tante altre persone, va contro un adattamento ad uno stile di vita che spesso non si condivide appieno, ma si accetta passivamente. I sintomi o i disagi, le sofferenze, i dubbi sono segnali che ci indicano qualcosa che non va , che l’ equilibrio psico – fisico si è rotto ed incita a una presa di coscienza, un cambiamento.
In questi casi rivolgersi a uno psicologo significa darsi una possibilità di riscatto verso sé stesso, un risveglio dal letargo.
Spesso mi capita di avere persone davanti che mi chiedono: “Quanto durerà? Quanti incontri saranno?”. Non è possibile decidere a priori. Ogni percorso è unico.
Mi è capitato ultimamente di fare una presentazione del mio lavoro ad un pubblico di non addetto ai lavori e ho deciso di spiegarlo attraverso la metafora del viaggio, un viaggio avventuroso e di esplorazione. Nel momento in cui una persona mi chiama o arriva da me in studio, tante emozioni attraversano corpo e mente.
La sofferenza, la solitudine, il disagio, la pesantezza,che spingono a chiamare; la paura di questo viaggio all’avventura, nell’ignoto, ma anche l’adrenalina di un bel salto nel vuoto. Questo è il punto di partenza.
Il punto di arrivo lo si definisce insieme. La mappa è tutta da costruire, nell’ incontro con lo psicologo, compagno di viaggio e di avventura, più che guida.
D’altra parte è un viaggio nuovo anche per lui, come ho detto prima, ogni viaggio è diverso. Alla fine del percorso, oltre ad aver risolto eventuali sintomi, la persona raggiunge una maggiore capacità di pensiero, consapevolezza e risorse relazionali. Non ci si adatta più ad uno stile di vita, ma si vive semplicemente la propria vita.
Si raggiunge la vera indipendenza, la consapevolezza di chi si è, le difficoltà appaiono meno insormontabili e ci si sente veramente liberi.
Tutto ciò significa stare bene con sé stessi e con gli altri.
Ognuno di noi è il maggior esperto di sé stesso: compito dello psicologo è accompagnare la persona alla ricerca delle proprie risorse, utili per raggiungere i propri obiettivi.
Quello che offro alle persone è un luogo di accoglienza, ascolto, assenza di giudizio. Un luogo di perturbazione, in cui porsi domande e dubbi. Un luogo di cambiamento, inteso come maggior padronanza di sé, scoperta delle proprie risorse e dei propri limiti, utili a fronteggiare future situazioni di difficoltà.
Il mio modo di agire in terapia riflette tutti questi pensieri: sono pronta all’ ascolto e alla comprensione della sofferenza, ma sono anche pronta a costruire, insieme alla persona stessa, un percorso di autocura, di autoconsapevolezza, di auto cambiamento.
Per far ciò otre che la parola, utilizzo strumenti grafici, metaforici, narrativi, che permettono una maggior riflessione ed elaborazione cognitiva ed emozionale.
Vi aspetto in studio previo appuntamento.
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